Per “gozzo” si intende un aumento volumetrico della ghiandola tiroidea, principalmente non dovuto a patologie neoplastiche o autoimmuni. Può essere inoltre classificato in gozzo semplice (in assenza di noduli) o gozzo nodulare (in presenza di uno o più noduli). Il gozzo è una patologia che ha una incidenza maggiore, soprattutto nelle aree a carenza iodica (gozzo endemico).
La quantità di iodio che dovrebbe essere introdotta con la dieta è quindi di circa 150 μg per gli adulti, 90 μg nei neonati e circa 200 μg in gravidanza.
Lo iodio viene assunto prevalentemente con l’alimentazione e in particolare con un regolare utilizzo di sale iodato.
La maggior parte delle volte, la diagnosi è di tipo incidentale: il paziente, spesso asintomatico, giunge all’attenzione dell’endocrinologo dopo il riscontro occasionale di noduli tiroidei in seguito ad un ecocolordoppler dei vasi del collo eseguito per altri motivi, o per un riscontro palpatorio.
Solo quando il gozzo raggiunge dimensioni maggiori può diventare sintomatico, determinando dei sintomi compressivi quali: tosse, difficoltà a respirare, a deglutire, senso di peso al collo, e raramente disfonia.
Una volta riscontrata la presenza di un gozzo nodulare, l passo successivo successivo prevede una valutazione endocrinologica, con la caratterizzazione dei noduli dominanti in base alle loro dimensioni e caratteristiche ecografiche, oltre che all’esecuzione di un prelievo ematico per valutare la funzionalità tiroidea.
Altri esami successivi che possono essere eseguiti a completamento diagnostico sono: la scintigrafia tiroidea e l’agoaspirato tiroideo.
La prima serve essenzialmente, nel contesto di un gozzo multinodulare con autonomia funzionale, a discriminare i noduli “caldi”, dai noduli “freddi”.
L’agoaspirato invece, è lo strumento diagnostico che mediante prelievo con ago, direttamente dal nodulo, di cellule tiroidee. Tale indagine, minimamente invasiva, permette di avere una diagnosi citologica del nodulo analizzato, che può essere classificata come da schema, secondo dei criteri definiti in ambito internazionale.
TIR1: non diagnostico
TIR2: orientativo di benignità
TIR3: indeterminato
TIR4: sospetto di malignità
TIR5: maligno
TERAPIA
La terapia non è necessaria se il gozzo è solo di modesta entità e il paziente è in una condizione di eutiroidismo.
Se invece sono presenti sintomi compressivi o se vi sono noduli sospetti di malignità, può esserci indicazione ad effettuare terapia specifica (es. chirurgia)
Nel caso di gozzo semplice o gozzi nodulari di piccole dimensioni, può essere presa in considerazione terapia medica consistente nel somministrare l’ormone tiroideo a dosi TSH semi-soppressive; tale approccio può tuttavia determinare una condizione di ipertiroidismo subclinico, aumentando il carico di lavoro sul sistema cardiovascolare e dando un peggioramento del quadro di mineralizzazione ossea. Viene infatti sconsigliata o sospesa in pazienti in età post menopausale e generalmente dopo i 60 anni nel sesso maschile.
Nel contesto di un gozzo multinodulare tossico può essere invece presa in considerazione la terapia medica con radio-iodio (131-I) che può rappresentare la terapia definitiva in alternativa alla terapia chirurgica, ristabilendo un quadro di eutiroidismo.
Le tionamidi (metimazolo e propiltiouracile), sono invece farmaci tireostatici che riducono la sintesi di ormoni tiroidei e trovano il loro impiego nel gozzo tossico, nella preparazione alla terapia definitiva, che sia chirurgica o radiometabolica, per raggiungere uno stato di eutiroidismo, senza rischi per il paziente.